Un mese di fuoco, ma finalmente azzurro

E’ bastato un mese per rimescolare tutte le carte e riscrivere le gerarchie della Mtb mondiale. Un mese in cui è successo di tutto, culminando con un’edizione fantasmagorica dei Mondiali, nei quali Nino Schurter è assurto all’Olimpo degli sportivi più vincenti di tutti i tempi, all’altezza di campioni come Nadal o Phelps, e con l’Italia tornata a recitare un ruolo importante in una stagione nella quale era partita in sordina, ma dove ha ritrovato entusiasmo e grandi prospettive in chiave olimpica.

Si era cominciato con i Campionati Italiani in Val Casies a fine luglio, con i titoli principali andati a Martina Berta sempre più nel ruolo di leader del movimento italiano e a Gerhard Kerschbaumer, tornato al tricolore sui sentieri a lui cari. Si sperava che quella vittoria potesse riportarlo ai suoi antichi fasti, ma le successive gare europea e mondiale hanno dimostrato che l’altoatesino non si è ancora (mai?) ripreso da quel maledetto rettilineo conclusivo dei Mondiali 2018, quando perse il podio per una ruota sgonfia. Una delusione che ha segnato la sua carriera.

Agli Europei, inseriti nella rassegna multisportiva di Monaco entusiasmante per i colori italiani, la mtb non ha dato un grande contributo. Solo la Berta è riuscita a centrare la Top 10, nella gara vinta dalla francese Lecomte grazie anche ai problemi meccanici nei quali è incorsa la sua connazionale Pauline Ferrand Prevot. In campo maschile grande spettacolo da parte di Tom Pidcock, che pur partendo dalle retrovie ha rimontato tutti e dato una lezione di guida sul percorso filante ma non privo di difficoltà in terra tedesca.

Rivincita quasi immediata, in sede mondiale a Les Gets e qui la Mtb italiana che arrivava senza grandi prospettive si è esaltata. Prima l’argento nel Team Relay, poi il bronzo di Cappello fra gli junior nella downhill fino all’esaltante domenica contrassegnata prima dalla vittoria di Simone Avondetto fra gli Under 23, che fa il paio con il titolo europeo e lo proietta in una straordinaria dimensione al passaggio di categoria, poi la bellissima prova di Martina Berta, frenata nella gara elite solo da problemi meccanici quando stava lottando per una medaglia mentre la Ferrand Prevot andava a prendersi la sua rivincita. Infine la straordinaria gara di Luca Braidot fra gli Elite, disputata con una grande presenza di spirito, per nulla impressionato dalle prove di Schurter ma anche di Pidcock, rinvenuto come al solito dal fondo del gruppo.

Dopo metà gara era chiaro che a giocarsi la vittoria erano rimasti in quattro, i corridori sopra citati e lo spagnolo Valero. Pidcock ha pagato dazio alla sfortuna sotto forma di un problema alla ruota che lo ha messo fuori gioco proprio nel finale mentre Braidot, accusando l’attacco di Schurter a due giri dal termine, è rimasto sempre a vista, fino al finale quando ha saggiamente amministrato portando a casa una medaglia di bronzo che dimostra come le vittorie in Coppa del Mondo non erano state casuali. Titolo come detto a Schurter, il decimo a 13 anni dalla prima volta. A 36 anni ha ancora l’entusiasmo di un ragazzino e la voglia di emergere, pronto a tirare avanti almeno fino a Parigi 2024. Obiettivo che comunque è nelle legittime aspirazioni anche di un ragazzo friulano che, dopo tanta gavetta, finalmente sta raccogliendo i frutti.

Credito foto homepage: Federciclismo