Le regole non scritte del gruppo

Non solo Sanremo: le due settimane introduttive alla Classicissima, incentrate su Parigi-Nizza e Tirreno-Adriatico da sempre considerate prove propedeutiche proprio alla prima Classica Monumento della stagione, hanno dato molti responsi interessanti, ma curiosamente poco rapportabili alla gara successiva quanto più al resto della stagione.

Iniziamo dalla gara francese, con un epilogo clamoroso scaturito dall’esito delle ultime due tappe. Non si può infatti nascondere che quanto avvenuto nella frazione finale sia diretta conseguenza di quel che era successo il giorno prima. I fatti: lo svizzero Gino Mader (Bahrain Victorious), 24enne mai vittorioso fra i pro, era in fuga dalle fasi iniziali, una di quelle azioni tante volte ritenute velleitarie. Dietro intanto infuriava la battaglia fra i big, ma con un dominatore assoluto, quel Primoz Roglic (Team Jumbo Visma) saldamente al comando della classifica in virtù delle vittorie nelle due frazioni precedenti. Il vantaggio dell’elvetico era in continua diminuzione, ma ancora sufficiente per fargli sognare la vittoria a La Colmiane. Gli ultimi metri sono stati un’emozione costante, con il gruppetto dei migliori sempre in avvicinamento, ma tutti pensavano che avrebbero a quel punto evitato di riacciuffarlo proprio sotto il traguardo. Invece Roglic, dopo aver staccato il suo rivale in classifica, l’austriaco Maximilian Schachmann (Bora Hansgrohe) andava a superare Mader ad appena 30 metri dall’arrivo e la faccia dell’elvetico rappresentava non solo la sua delusione, ma anche la sorpresa per un simile esito.

Hai voglia a dire che nel mondo del ciclismo non esiste fair play, che se c’è una possibilità di vincere devi coglierla anche per rispetto verso la tua squadra e i tuoi sponsor: certe azioni non restano impunite- Il giorno dopo ci si è messo di mezzo il destino, sotto forma di una caduta per lo sloveno. I suoi rivali, che forse in un’altra occasione avrebbero aspettato, si sono invece scatenati, al punto da farlo rotolare a un distacco enorme, tale da estrometterlo anche dalla Top 10, con Schachmann che così andava a bissare il successo dello scorso anno. Gliel’hanno fatta pagare? Ufficialmente nessuno lo dice, ma nei corridoi tutti giurerebbero su una simile scelta condivisa dal gruppo.

Atmosfera più calma alla Tirreno-Adriatico dove Van Der Poel (Alpecin Fenix) e Van Aert (Team Jumbo Visma) hanno dato spettacolo. Il primo ha compiuto un’autentica impresa a Castelfidardo, in una giornata di freddo invernale, con una fuga di oltre 40 km. Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) nel finale avrebbe anche potuto prenderlo, ma ha fatto una scelta diversa dal connazionale sloveno o forse non aveva quella stilla in più di energia per completare la rimonta, non lo sapremo mai. Van Aert da parte sua ha vinto due tappe, una in volata e l’altra la cronometro conclusiva, mostrando anche una buona tenuta in salita che rinfranca le sue ambizioni di puntare alla classifica in un grande Giro. La vittoria finale è andata però a Pogacar, la seconda in una corsa a tappe quest’anno dopo l’UAE Tour, dimostrando che nella gestione delle gare di più giorni è attualmente il migliore, soprattutto nel dosaggio delle energie.

Capitolo italiani: l’inizio era stato davvero promettente, ma con l’avvicinarsi dei grandi appuntamenti è emerso chiaramente come ci sia ancora molto da lavorare per poter tornare ai ruoli che ci competono, sperando che i giovanissimi appena passati possano mostrare col tempo le loro qualità e non essere sempre relegati a ruoli di contorno. Per ora bisogna aspettare, sperare e intanto applaudire imprese di campioni autentici, ma provenienti da oltre confine.

Credito foto homepage: cyclingnews.com