Questo è il Giro della grande paura

Il Giro d’Italia va avanti fra mille paure e soprattutto l’incertezza che non si potrà concludere. Il perché è legato a fattori che si conoscevano già, gli organizzatori sapevano che si sarebbe dovuto navigare a vista contro le due grandi incognite legate al periodo della sua disputa, il clima e il Covid-19. I grandi passi alpini iniziato ad essere ricoperti di neve, la temperatura nel nostro Paese sta calando e c’è una forte possibilità che le grandi vette non possano essere raggiunte. La Rcs lo sapeva e per questo ha pronte soluzioni alternative. Diverso il discorso legato alla pandemia: la positività del britannico Simon Yates ha messo tutti in allarme, la prima giornata di riposo è stata dedicata all’effettuazione di tamponi per tutta la carovana, ma il timore di una propagazione del virus c’è e questa potrebbe portare, se diffusa, alla quarantena generalizzata.

Si va quindi avanti giorno dopo giorno e l’evoluzione della corsa un po’ ne risente: i grossi calibri hanno dato solo avvisaglie, la classifica è in divenire (nello spazio di 2 minuti ci sono ancora 14 corridori), la notizia principale di questi primi 10 giorni di gara è la prematura uscita di scena di alcuni protagonisti, non solo Yates, ma anche e soprattutto l’altro britannico Geraint Thomas (Ineos Grenadiers) e lo spagnolo Mikel Landa (Movistar) messi fuori gioco dalle cadute. Con l’uscita di scena di Thomas, dato da tutti per favorito, la corsa manca di una squadra che detenga il controllo, è un tutti contro tutti che sicuramente accresce l’incertezza.

Su chi puntare allora? Il portoghese Joao Almeida (Deceuninck Quick Step) (nella foto della homepage in maglia rosa) che comanda la classifica non va sottovalutato, perché va bene sia in salita che a cronometro, ma sulle grandi ascese non ha ancora dimostrato nulla. Guardando la classifica tre sono i nomi che per il momento sembrano avere qualche chance in più: l’olandese Wilco Kelderman (Sunweb) secondo a 30”, il danese Jakob Fuglsang (Astana) 6° a 1’01” e l’altro orange Steven Kruijswijk (Jumbo Visma) 11° a 1’24”. A favore del primo c’è la sua duttilità unita a una certa intraprendenza, il secondo sembra essere quello con più margini in salita (anche se la perdita dei suoi fidi scudieri Vlasov e Lopez Moreno ha un forte peso), il terzo (che continua a scontare una certa indole a correre di rimessa) ha dalla sua la squadra forse più attrezzata.

E Nibali? Il siciliano della Trek Segafredo è una sfinge, un “work in progress”. In certi momenti sembra attrezzato per spaccare il mondo, in altri sembra accusare d’un colpo il peso degli anni. La classifica, 5° a 57” è incoraggiante, il passato ci dice che col passare delle tappe la sua resistenza lo porta a migliorare ed emergere, insomma lo spazio per la speranza c’è, ma forse Nibali è quello che più di tutti soffre questo clima di incertezza che circonda tutto il Giro. In chiave italiana la corsa rosa sta confermando tutte le difficoltà nelle quali versa il ciclismo nostrano, non è un caso se gli unici italiani ancora in lotta per la vittoria sono due ultratrentacinquenni come Nibali e l’indomabile Domenico Pozzovivo, 4° a 53”. Per lo meno nella prima settimana ci si è potuti esaltare per un fenomeno come Filippo Ganna, vincitore non solo della cronometro iniziale, ma anche di una tappa difficile come quella di Camigliatello Silano, conquistata in solitudine, di forza, facendo capire che nelle sue vene scorre il sangue non solo di un formidabile campione a cronometro, ma anche di un passista che può andare a caccia di grandi successi nelle classiche e per il momento che il ciclismo azzurro vive, questa è una manna che viene dal cielo.

Credito foto: Lapresse