C’era una volta la “Gran Fondo Cicli Battaglin”. Credo che siano pochi a ricordarsela, ma non tanto per il fatto di non aver avuto un adeguato successo, quanto piuttosto per non essere stata più riproposta dopo l’edizione d’esordio nel 1999. A onor del vero, lo stesso comitato organizzatore della “Battaglin” continuò, anche negli anni successivi, a proporre manifestazioni granfondistiche nella provincia di Vicenza, ed esattamente a Marostica, ma senza abbinarle più a Giovanni Battaglin e all’azienda della sua famiglia. Erano gli anni in cui, anche in Italia, si era fatta molto attenta la ricerca del nome di un campione del ciclismo nazionale a cui intitolare una manifestazione amatoriale. E’ proprio di quel periodo l’avvio non solo di proposte granfondistiche dai nomi di prestigio del nostro ciclismo, ma, ahimé, uscite già da tempo dal calendario, come la “Battaglin” stessa o la “Saronni” a Varese o la “Pedalando con Francesco Moser” a Trento. Ovviamente, le località in cui si svolgevano queste Gran Fondo dovevano avere la maggiore attinenza possibile con la zona d’origine del campione a cui erano intitolate. Di conseguenza, la “Gran Fondo Cicli Battaglin” non poteva che svolgersi nel vicentino e prevedere tracciati disegnati sulle brevi, ma insidiose asperità dei Colli Berici. Si iniziava, infatti, con la salita, cosiddetta, “della Rosina”, affrontata più di una volta anche dalla carovana del Giro d’Italia e che, come raccontano le cronache di allora, gli atleti di quella prima e unica edizione della “Battaglin” pedalarono con veemenza e a ritmi alquanto sostenuti. Dopodiché li attendeva la pendenza più impegnativa della giornata: i quindici chilometri che dall’abitato di Valstagna, all’imbocco della Valsugana, portano fino ai 1100 metri di altitudine della località di Foza, sull’altipiano di Asiago. Quindi, superata anche la salita da Calvene a Lusiana, si tornava in pianura all’arrivo di Marostica. Un percorso niente male, ma che non ebbe repliche almeno con quella denominazione.

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