Sono arrivati i tre “mammasantissima”…

Sono bastate un paio di settimane per stravolgere tutta la stagione del ciclocross e le sue gerarchie: sono entrati in campo i big, i fuoriusciti dall’attività della strada e coloro che si erano contraddistinti nelle prime prove dell’anno e che avevano dominato gli Europei, Iserbyt in primis, sono rientrati nei ranghi. La seconda tappa di Coppa del Mondo a Namur (BEL) è stata esemplare in tal senso: una delle più belle gare sui prati degli ultimi anni, su un percorso reso ancora più difficile e per certi versi epico dal fango, sul quale Mathieu Van Der Poel (all’arrivo nella foto della homepage), Wout Van Aert e Tom Pidcock si sono dati battaglia senza esclusione di colpi, finendo nell’ordine racchiusi in una decina di secondi. Gli altri? A distanze siderali, a conferma che contro quei tre non c’è storia.

Se la sfida fra il campione olandese e il belga, i grandi rivali divisi da un pugno di centimetri all’arrivo dell’ultimo Giro delle Fiandre, era scontata, la presenza a quei livelli del britannico è la grande novità. Tre corridori accomunati dalla capacità di emergere in più discipline ciclistiche (Pidcock è iridato U23 e E-bike di Mtb oltre che vincitore dell’ultimo Giro d’Italia U23 su strada), ma ognuno con le sue caratteristiche. Il britannico è una vera novità a questi livelli e a VDP ha già dato un dispiacere, battendolo nella prova del Superprestige di Gavere mostrando un’impressionante autorità. Pidcock è a modo suo un personaggio: a tratti sfrontato, fino a poco tempo fa un po’ renitente agli allenamenti (“So di avere un grande talento per le prove sui prati e non sento di avere bisogno di allenamenti specifici” era solito dire) ha fatto un salto di qualità proprio ridimensionando questo suo carattere, allenandosi specificamente per migliorare nel suo tallone d’achille, la partenza e i risultati si sono visti.

La gara di Namur è stata bellissima ma soprattutto è stata una promessa di quel che potremo vedere dal periodo delle feste, come sempre ricco di eventi, in poi: Van Der Poel a dispetto delle sue vittorie mostra di avere grandi margini di miglioramento soprattutto nella corsa a piedi e nelle fasi di maggiore potenza, come ad esempio le salite; Van Aert sfrutta la preparazione fin qui svolta per la strada ma manca ancora di brillantezza; Pidcock dal canto suo è sicuramente il più esplosivo, ma alla lunga sconta ancora una carenza di resistenza che sembra figlia della sua maturazione ancora acerba, perlomeno in confronto ai primi due.

Gli altri? Gli altri arrancano, anche se Michael Vanthourenhout, vicecampione europeo, è quello che meglio riesce a controbattere i “magnifici tre” e non per niente è al comando della Coppa del Mondo (anche se sarà difficile resistere al ritorno di Van Aert che rispetto agli altri due può sfruttare la partecipazione alla prima tappa di Tabor). Stupisce il regresso di Iserbyt, che aveva iniziato la stagione in maniera trionfale ma che sembra soffrire il ritorno degli altri soprattutto a livello mentale.

In campo femminile le novità sono meno evidenti, troppa la superiorità olandese sulle altre, anche se qualche elemento di riflessione c’è: innanzitutto la crescita esponenziale di Lucinda Brand, chiara dominatrice del periodo, con una serie di vittorie impressionante alla quale solo Denise Betsema è riuscita a mettere un parziale freno a Gavere. La Brand (che rispetto alle connazionali ha una maggiore esperienza su strada e sfrutta questa con superiori capacità di resistenza) in questo momento è una spanna sopra le altre, ma non è detto che questo predominio si prolunghi fino ai Mondiali, in programma a inizio febbraio e quindi lontani nel tempo. A provare a interrompere questa supremazia arancione, ci ha provato la novità americana Clara Honsinger, che a Namur è finita seconda a 29”: dopo aver interrotto la più che decennale supremazia nazionale di Catherine Compton, la statunitense sembra pronta a scalare la montagna internazionale, ben più della pluriridata belga Sanne Cant finora ancora nascosta.

E l’Italia? Da noi, Covid permettento, si è andati avanti con il Giro d’Italia dove si assiste a un maggior livellamento dei valori in campo maschile, con Dorigoni, Cominelli e Bertolini sempre più vicini nel rendimento e alla continua evoluzione delle nostre Under 23, dalla Baroni alla Realini alla Casasola. Per loro il problema vero è dato dalla scarsità di eventi internazionali: per gestire l’organizzazione in tempi di pandemia, molti si dedicano solo all’allestimento delle prove Elite riducendo al minimo i rischi. Un prezzo alto da pagare per tutto il movimento.

Credito foto homepage: Cyclingnews.com